Di tutto un po'
Premessa: l’argomento dell’articolo non è semplice, è na roba lunga e, per i non appassionati, anche tediosa; quindi armatevi, come dice mia nonna, di “santa pazienza” e seguite questo lungo percorso nel mondo della tassonomia.
La tassonomia sta alla base dell’intero mondo scientifico come la matematica e la fisica, è quella branca che ha portato alla nascita della classificazione scientifica, colei che permette di inserire gli esseri viventi e non in delle categorie ben definite. Tutto ciò, nel corso dei secoli, ha permesso a rami come la botanica, la paleontologia e la zoologia di affermarsi ed espandersi notevolmente consapevoli di avere alla spalle una base solida e riconosciuta a livello globale. Ciò però, non deve farvi pensare che la tassonomia sia una sorta di dittatura perchè, come tutte le scienze, questa cambia e si evolve alla luce di nuove scoperte. Sono parecchi gli esempi in cui un essere vivente e non viene spostato da una categoria all’altra e molte definizioni possono ancora variare.
L’origine di questa disciplina la si fa risalire ai tempi del Medioevo, quando i naturalisti decisero di dare un ordine ed un sistema universali ai nomi volgari utilizzati nel quotidiano (#a). La spinta più importante fu data dal famoso naturalista svedese Carl Nilsson Linnaeus, per gli amici Carlo Linneo (4° nella copertina) nella metà del 1700 con due opere: Species Plantarum e Systema Naturae. Entrambi gli scritti sono stati utilizzati come punto di partenza delle nomeclature botanica e zoologica.
Lo svedese, nella descrizione del mondo naturale, riprese il modello proposto poco più di un secolo prima dai fratelli Bauhin, la cosidetta nomenclatura binomiale.
Entrambi i nomi vanno scritti categoricamente in corsivo, con il genere che porta sempre la lettera iniziale in maiuscolo; prendiamo ad esempio lo squalo mako di cui ho parlato qualche settimana fa (qui il link), il suo nome scientifico è Isurus oxyrinchus (genere-specie), il termine “Isurus” significa “la stessa coda” e probabilmente fa riferimento al fatto che i lobi della pinna caudale hanno dimensioni simili, caratteristica condivisa anche dal mako pinne lunghe (Isurus paucus); mentre, “oxyrinchus” si traduce con “muso a punta” ed è legato, per l’appunto, alla forma del muso dell’animale più affusolato del suo congenerico.
Fino all’arrivo di Charles “Carletto” Robert Darwin (3° della copertina) e del suo “L’origine delle specie“, i tassonomi non avevano ipotizzato legami diretti o di discendenza tra i vari organismi limitandosi alla semplice descrizione del soggetto in esame senza interrogarsi sui collegamenti tra le varie specie. Tutto ciò cambiò nel 1859, anno di uscita dello scritto sopracitato, infatti, la teoria dell’evoluzione cambiò profondamente il modo di fare tassonomia perchè al centro della classificazione doveva esserci il rapporto di parentela tra i gruppi e non la semplice descrizione. Ovviamente questa novità non fu ben accolta nell’immediato e la situazione fu dibattuta fino ai primi anni del ‘900 quando più scienziati hanno adottato, in maniera convincente, la prospettiva filogenetica, ossia il processo di ramificazione delle linee di discendenza degli esseri viventi (#b), raccogliendo numerose prove a favore di tale prospettiva.
Oggiogiorno la teoria dell’evoluzione è ormai affermata non solo all’interno del mondo scientifico e quando si vanno a descrivere delle nuove specie queste vengono rapidamente collegate all’interno di un gruppo specifico per poi approfondire il discorso ad un livello più dettagliato come specie o genere. Il primo passo nella descrizione di nuove specie è legato all’aspetto morfologico, quindi all’estetica del soggetto in esame andando quindi alla ricerca di specie già descritte simili a quella in oggetto. Ma tutte queste similitudini vanno poi integrate con i dati genetici ottenuti tramite analisi del DNA che possono confermare o ribaltare l’identificazione (un po’ come Borghese).
L’ho presa larga ma alla fine sono giunto al cuore di questo pezzo, ossia la classificazione tassonomica o scientifica che dir si voglia. Perchè è grazie a questi 300 anni di studi e soprattutto ai lavori di Linneo e Darwin che il mondo scientifico è arrivato a livelli così dettagliati di identificazione degli esseri viventi. All’interno della classificazione sono stati inseriti 9 raggruppamenti principali ai quali va aggiunto il “clade” che però ha una posizione variabile. La specificità di questi gruppi aumenta procedendo dal primo verso l’ultimo, quindi man mano che ci avviciniamo alla fine aumentano la caratteristiche comuni che deve avere una forma vivente ma, ovviamente, diminuisce il loro numero in termini di conteggio effettivo di specie presenti.
Il dominio è il livello più alto, quello che racchiude tutte le forme viventi. È uno dei gruppi introdotti più di recente, la sua prima apparizione fu nel 1990 quando il biologo statunitense Carl Woese (1° della copertina), con Kandler e Wheelis, introdusse proprio il concetto di dominio (1), separando gli esseri viventi in Eukarya, Bacteria e Archea (gruppo da lui stesso, insieme a Fox, introdotto nel 1977). Nel 2003 questa suddivisione è stata rivista dal collega inglese Thomas Cavalier-Smith, insieme a Stechmann (3), che unì gli ultimi due domini in quello dei Procarioti (Prokaryota), organismi formati da cellule procariote senza un nucleo ben definito ed il DNA è disperso nel citoplasma, e rinominò il primo in Eucarioti (Eukaryota), organismi con cellula, per l’appunto, eucariote nella quale il DNA è racchiuso all’interno della membrana nucleare che di conseguenza va a definire il nucleo. Quest’ultima rappresenta la classificazione attualmente più utilizzata.
Come si intuisce da quanto scritto poco prima, il regno, fino al 1990, era il primo gruppo tassonomico. La sua introduzione risale ai tempi di Linneo che, originariamente, divise gli esseri viventi in 2 grandi gruppi Animalia e Plantae. Nel corso dei secoli a questi due regni ne sono stati aggiunti altri 5. I Fungi, ossia i funghi, separati definitivamente dalle piante nel 1968 da Whittaker; i Protista, piccoli eucarioiti uni o pluricellulari che rappresentano il primo stadio evolutivo di tutti gli eucarioti; i Chromista, organismi microscopici per la maggior parte fotosintetici descritti da Cavalier-Smith nel 1981; i Bacteria, i batteri in senso stretto, che comprendono la maggior parte dei procarioti; ed infine gli Archaea, procarioti particolari in grado di vivere in condizioni estreme, tra i più antichi organismi comparsi sulla Terra. Gli ultimi due regni fanno parte dei prokaryota. Infine, il regno presenta tre sottocategorie: sottoregno, infraregno e superphylum.
Addentrandoci sempre di più nella classificazione tassonomica troviamo il phylum. La caratteristica che permette di inserire gli esseri nello stesso phylum è la presenza di un piano strutturale comune, ossia avere un corpo che si sviluppa secondo una semmetria specifica; per esempio, il corpo dei cavalli ha una simmetria definita bilaterale ed il suo piano di simmetria è la colonna vertebrale e per questa caratteristica sono inseriti nel phylum Chordata insieme a tutti gli altri animali (quindi anche gli esseri umani) dotati di colonna vertrebrale o notocorda. In totale sono stati istituiti 109 phyla di cui 75 appartenenti al dominio degli eucarioti (di cui 34 nel regno Animalia) e 34 nei procarioti. Come il livello precedente anche questo presenta delle suddivisioni interne come il subphylum, l’infraphylum e la superclasse.
La definizione di classe risale al 1694 ed è stata introdotta dal botanico francese Joseph Pitton de Tournefort “Eléments de botanique, ou Méthode pour reconnaître les Plantes” (4). Appartengono alla stessa classe gli organismi che condividono lo stesso livello di organizzazione, inteso come il grado di specializzazione che presentano determinate regioni o organi del corpo. Prendiamo ad esempio di nuovo il nostro cavallo selvatico (Equus ferus), questo fa parte della classe Mammalia, comunemente noti come mammiferi, la quale racchiude tutti gli animali che allattano i propri figli e quindi dotati di mammella; caratteristica fondamentale che viene riflessa anche del nome della classe che deriva dal latino mammalis, che per l’appunto sta per mammella. Le suddivisioni interne di questo livello sono cinque: sottoclasse, infraclasse, parvclasse, magnordine, superordine.
L’ordine condivide la sua origine con il precedente, infatti anche lui è stato introdotto nel 1690 e per mano di un botanico, il tedesco Augustus Quirinus Rivinus. Costui nel suo “Introductio generalis in rem herbariam” (5), dove ha classificato le piante in base alla struttura del fiore, parlava di un genere maggiore di piante e di un genere minore; il “genere maggiore” è stato poi ufficializzato in ordine dal caro Linneo. Come nel punto 4, anche qui il requisito che accomuna gli organismi coinvolti si fa più specifico tanto da non poter più parlare di un criterio generale ma ogni gruppo ha una sua peculiarità. Continuando con il caro E. ferus lo ritroviamo all’interno dell’ordine Perissodactyla, che sta per imparidigitati, ossia animali muniti di zoccoli e con un numero dispari di dita tra i quali anche zebre e rinoceronti. Quattro suddivisioni: sottordine, infraordine, parvordine e superfamiglia.
Man mano che si scende nella classificazione sparisce il concetto di carattere distintivo generico ma aumenta la specificità del tratto comune analizzato. Il termine famiglia è stato utilizzato per la prima volta dal botanico Pierre Magnol nel 1689, ma entrò nella classificazione zoologica 100 anni dopo grazie allo zoologo Pierre Andrè Latreille nel 1796. Una particolarità di questo livello tassonomico è l’avere un suffisso specifico se si tratta di specie animali (-idae) o vegetali (-aceae). Infine, ogni famiglia prende il nome dal genere più rappresentativo e questa, inoltre, è il livello più utilizzato negli studi evolutivi, paleontologici e genetici in quanto più stabile dei livelli inferiori (#c). La nostra cavia E. ferus fa parte degli Equidae che si distingue dai tapiri e rinoceronti, sempre perissodattili, per la presenza di un solo dito a sostegno dell’arto; ne fanno parte cavalli e zebre. Sottofamiglia, infrafamiglia e supertribù questi i livelli intermedi.
Abbiamo dovuto scavare sei piani ma alla fine siamo arrivati al livello che determina il nome scientifico degli organismi viventi, il genere. La paternalità della sua introduzione è ancora dibattuta tra Carlo Linneo e J.P. de Tournefort ma risale sicuramente al ‘700. Come scritto nel paragrafo precedente, il genere va scritto obbligatoriamente in corsivo e con l’iniziale maiuscola. Non esiste una definizione unica di genere ma la più diffusa fa capo alla filogenesi, cioè i generi devono essere formati da unità filogenetiche vicine tra loro. Infatti, il cavallo selvatico appartiene al genere Equus così come le zebre e gli asini che si sono separati nelle proprie specie tra 2 e 1 milione di anni fa. Non mi dilungo sulle caratteristche del genere perchè, essendo l’unico rappresentate della famiglia Equidae, sono le stesse citate al punto 6. Qui, a differenza degli altri livelli, è presente una sola suddivisione, il sottogenere.
Finalmente siamo arrivati alla fine del nostro percorso, la specie è il livello più basso della classificazione tassonomica ed è quello che fa da base. La sua definizione è ancora dibattuta all’interno del mondo scientifico; soprattutto tra chi si basa sulla morfologia e chi sulla genetica. Ma la spiegazione che ha raccolto più consensi risale al 1686 ad opera di John Ray (il 2° della copertina):
“L’unico criterio sicuro per la determinazione della specie è legata alla propagazione del seme… sia nelle specie vegetali che animali”.
Questa è stata poi ripresa e approfondita dal biologo evoluzionista Ernst Mayr che nel 1942 ha proposto il cosidetto “concetto di specie biologica” che definiva la specie come:
“Un gruppo di popolazioni naturali effettivamente o potenzialmente in grado di incrociarsi, che sono riproduttivamente isolati da altri gruppi”
Il tutto si può tradurre in “appartengono alla stessa specie quegli esseri viventi che, incrociandosi, generano prole feconda”. Per chiarire la definizione prendiamo ad esempio il mulo, questo si ottiene quando un asino (Equus asinus) si riproduce con una giumenta (Equus ferus caballus*). L’accoppiamento va a buon fine e nasce il mulo che però è sterile, non è in grado di riprodursi e ciò testimonia che i genitori appartengono a specie diverse.
Con l’avvento della genetica la definizione di Mayr era stata, inizialmente, messa in dubbio perchè alla stessa specie appartenevano elementi con piccole differenze nel corredo genetico. A fare chiarezza sulla situazione arrivò la pubblicazione “Genetics and the Origin of Species” del genetista russo-americano Theodosius Grygorovych Dobzhansky il quale sosteneva che il mondo naturale è diviso in specie e in ognuna di esse ha un proprio range di variabilità.
A livello pratico, quando si scrive un nome scientifico la denominazione della specie va inserita dopo il genere, in corsivo e minuscolo. Generalmente alla fine del nome scientifico si inserisce anche il nome di colui che ha descritto per primo la specie e l’anno della descrizione. Anche la specie ha le sue sottodivisioni, c’è la sottospecie, la forma o varietà se parliamo di zoologia o botanica e lo stipite in virologia. Per quanto riguarda la sottospecie, questa non va obbligatoriamente indicata e delle volte è del tutto assente; comunque, quando richiesta va inserita dopo la specie e ugualmente in corsivo. Es: Equus ferus caballus, la dicitura “caballus” è relativa alla sottospecie ed necessaria per distinguere il cavallo domestico da quello selvatico, Equus ferus.
Questo livello tassonomico è stata per me una sorpresa perchè, si avevo già incontrato la tribù nel corso degli studi, ma l’avevo concepita un po’ come il clade. Cioè un’unità tassonomica senza una posizione ben definita. Invece, la tribù è posizionata tra la famiglia ed il genere e viene utilizzata in determinati gruppi che hanno un’elevata variabilità al loro interno. Anche questa ha un suo specifico suffisso che è “-ini”. Un esempio di tribù è quella relativa all’essere umano, in quanto siamo inseriti nella famiglia Hominidae come i gorilla e gli scimpanzè; però, i primi appartengono alla tribù Gorillini mentre noi ed i secondi agli Hominini.
Si conclude così questo viaggio nella tassonomia, il discorso è molto più complicato, io ho provato a semplificarlo in modo da essere più chiaro possibile. Quindi, rispettate il nome scientifico perchè dietro di esso ci sono secoli di progresso scientifico e anni di lavoro degli scienziati. Se proprio dovete scrivere il nome scientifico fatelo bene o non scrivetelo proprio e affidatevi ai nomi comuni che sono più comprensibili per tutti.
FONTI:
#: Tassonomia (a), Filogenesi (b), Famiglia (c).
1: Woese C. R., Kandler O. and Wheelis M. (1990). Towards a natural system of organism: proposal for the domains Archaea, Bacteria and Eucarya. Proc Natl Acad Sci USA, vol.87-12, pp.4576-9.
2: Woese C. R., Fox G. E. (1977). Phylogenetic structure of the prokaryotic domain: The primary kingdoms. Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America, vol. 74, nº 11, 1977, pp. 5088–5090
3: Stechmann A. and Cavalier-Smith T. (2003). The root of the eukaryote tree pinpointed. Current Biology. Vol 13 No 17.
4: Tournefort J. Pitton de (1694). Eléments de botanique, ou Méthode pour reconnaître les Plantes. Imprimerie royale, Paris. 3 vols, 451 tables.
5: Rivinius A.Q. (1690). Introductio generalis in rem herbariam. Lipsiae Leipzig: Typis Christoph. Güntheri, 1690. [8] + 39 p.
Molto interessante l’argomento trattato